Scuola

Mozione del Consiglio direttivo della Società Italiana di Filosofia Teoretica sulla formazione e il reclutamento degli insegnanti

23 Maggio 2015

Il documento “La buona scuola” pone all’attenzione dell’intera comunità universitaria nazionale il nuovo ruolo che il Governo prospetta per l’Università stessa nella formazione in servizio e nel reclutamento degli insegnanti nella scuola Italiana.
In particolare, al punto 1,8, si prevede che il futuro “aspirante docente” dovrà iscriversi, dopo la laurea triennale, ad un “biennio specialistico improntato alla didattica, a numero chiuso (cui si potrà accedere attraverso selezione rigorosa per esame e per titoli)”, con la ulteriore precisazione che: “Nel corso del biennio di specializzazione, seguirà corsi di didattica e pedagogia, e in generale materie mirate sul lavoro di formazione e crescita dei ragazzi”. Queste formulazioni suscitano una serie di interrogativi.
1) Per la formazione dei docenti si assiste ad una discutibile riduzione dei tempi, poiché essa rientrerebbe, ora, entro i cinque anni di formazione universitaria e non sarebbe più delegata ad un biennio (SSIS) o ad un anno (TFA, PAS) successivi al conseguimento della laurea magistrale.
2) l’introduzione di un tale biennio specialistico non può essere concepita come la mera “aggiunta” di una nuova laurea magistrale accanto alle altre, ma, per i corsi di laurea filosofici, come per tutti quelli che hanno un interesse nella formazione degli insegnanti, comporta un profondo riesame e riequilibrio dell’assetto del “3+2”.
Se, infatti, il triennio deve fornire la preparazione necessaria per sostenere la “rigorosa prova di esame per l’accesso al biennio specialistico”, quali e quanti CFU di discipline storiche e pedagogiche e psicologiche vi si dovrebbero impartire? Quanti CFU resterebbero per le discipline propriamente filosofiche?
Non solo, dunque, si corre il rischio di ridurre a tre gli anni della formazione disciplinare specifica, ma, senza una attenta e partecipata riflessione, si avverte il pericolo di un effettivo diluirsi della formazione filosofica di base.
3) Questo nell’ipotesi di un biennio specialistico che segua ad un triennio di filosofia e sia volto alla formazione del docente di filosofia, pedagogia e storia (che formi docenti per le due tradizionali classi di insegnamento alle quali aspirano i laureati in filosofia, 36 e 37/a). Ma lo stesso testo governativo recita anche: “Chiaramente, specifici bienni specialistici potranno funzionare anche per materie affini evitando di doverne istituire uno diverso corrispondente con rapporto 1:1 a ogni diverso tipo di laurea oggi esistente”.
E qui il quadro si fa davvero troppo oscuro e complesso: pur esorcizzando gli spettri di un biennio esclusivamente psico-pedagogico, privo persino delle didattiche disciplinari perché rivolto ad ‘aree’ (umanistiche, scientifiche, tecniche…), è davvero preoccupante un biennio formativo “per materie affini”. Si può pensare a formare in due anni un docente di filosofia, storia, pedagogia e… materie affini? E quali affinità andrebbero privilegiate?
La SIFiT chiede, in considerazione di quanto osservato, e a difesa della specificità disciplinare e della serietà degli studi filosofici nella Scuola e nell’Università italiane, di partecipare come interlocutore significativo ai processi di determinazione di una nuova formazione dei docenti, insieme alle altre Società scientifiche dell’area filosofica e a tutte quelle più direttamente interessate alla formazione degli insegnanti.