Questo documento è aperto alla sottoscrizione di tutte le riviste edite in Italia e operanti per intero o parzialmente nel campo degli studi filosofici. Esso intende costituire la base progettuale per un coordinamento della loro azione anche a fronte della complessità dei problemi e degli eventi che in Italia particolarmente oggi richiamano la filosofia alla responsabilità del proprio ruolo pubblico.
Le riviste firmatarie convengono di assumere, in vista di un miglioramento delle loro pratiche e quale criterio interno di promozione della qualità scientifica dei loro prodotti, alcune regole comuni, in parte connesse con la specifica fisionomia degli studi cui sono rivolte. Su queste regole e sull’urgenza delle condizioni e degli obiettivi che ne motivano la condivisione intendono, al contempo, sollecitare l’attenzione della comunità scientifica nazionale e degli organismi delegati dalla vigente legislazione italiana al controllo istituzionale della qualità della ricerca (MIUR e ANVUR), con l’intento di aprire una discussione quanto più possibile ampia e costruttiva in vista del superamento di criticità da più parti rilevate circa le modalità di un tale controllo, come l’introduzione di un doppio standard di qualità scientifica in base a cui classificare le riviste d’area umanistica e, più recentemente, l’impiego dei risultati della VQR ai fini di una tale classificazione.
§ 1. La presenza di una originale ed autonoma progettualità sembra essere in genere un carattere distintivo delle riviste scientifiche, che non possono quindi considerarsi alla stregua di semplici contenitori il cui livello di interesse scientifico e culturale sia unicamente commisurato alla qualità scientifica mediamente rilevabile nei saggi in esse pubblicati. Questo carattere emerge con particolare forza nel caso delle riviste di area filosofica, nate assai spesso come espressione di specifici indirizzi metodici e tematici, di progetti scientifici e culturali diversi e a volte fecondamente rivali, la cui storia, il cui variegato intersecarsi, i cui sviluppi e le cui trasformazioni nel tempo fanno corpo unico con la storia stessa della filosofia del Novecento. La conservazione di queste specificità e del pluralismo di cui sono espressione è un bene irrinunciabile che non va messo a rischio, ma anzi valorizzato al massimo grazie all’accoglimento di un comune canone di rigore metodologico e procedurale. Un requisito egualmente irrinunciabile è l’amplissima trasversalità disciplinare della produzione scientifica nel campo; una trasversalità che non va confusa con il dilettantismo e la genericità dell’analisi, ma intesa come rigorosa interdisciplinarità e come espressione di quella apertura ai risultati scientifici di discipline a vario livello confinanti (dalle scienze naturali alle humanities, alla storia, al diritto, all’economia, alla teologia), che sembra essere costitutiva della ricerca filosofica. Ciò ha ricadute particolarmente delicate in ordine al tema della valutazione. Va da sé, infatti, che questa forte vocazione alla trasversalità, testimoniata per altro verso dalla presenza fra le riviste che sottoscrivono questo accordo di numerose testate che, pur di rilevante interesse filosofico, hanno un taglio programmaticamente interdisciplinare, mal si presta a un sistema di classificazione rigidamente diversificato per settori e aree non comunicanti.
§ 2. Allo scopo di preservare e di valorizzare le caratteristiche di cui si è detto all’interno di un rigoroso profilo di scientificità, le riviste che sottoscrivono questo documento intendono utilizzare in modo mirato alcuni strumenti e alcune procedure – peraltro sempre più largamente diffuse – le quali, senza pretendere di garantire da sé sole lo standard di scientificità richiesto per una pubblicazione filosofica né di fissarne in modo definitivo i confini, sono tali da contribuire al suo conseguimento.
Esse concernono a) il metodo di selezione del materiale; b) l’apertura internazionale.
a)
• I contributi pubblicati devono consistere prevalentemente in ricerche originali e inedite oltre che in contributi di tipo informativo come recensioni, rassegne, ecc. La verifica dei requisiti di scientificità (originalità, rigore metodologico e argomentativo, completezza dell’informazione bibliografica) dei saggi sottoposti per la pubblicazione va effettuata mediante double blind peer review da parte di almeno due esperti esterni alla Redazione della Rivista e affiliati ad istituzioni diverse da quella dell’autore, che abbiano documentata competenza nel campo di indagine in cui si iscrive l’opera da valutare.
• Sebbene l’accoglimento o meno del contributo sia vincolato al giudizio dei referee, lo scopo della revisione non si esaurisce nella formulazione di un tale giudizio, che andrà comunque accuratamente argomentato; l’opera dei revisori può rivolgersi anche all’autore per offrirgli un utile strumento di confronto , eventualmente anche attraverso proposte di modifica e suggerimenti critici.
• La procedura di revisione a doppio cieco non è necessaria dove si tratti di contributi la cui pubblicazione impegna direttamente la responsabilità delle Direzioni e del disegno culturale e scientifico delle riviste, come nel caso di contributi espressamente richiesti agli autori e in particolare di raccolte tematiche progettate e realizzate su invito anziché mediante call for papers, oltre che, naturalmente, editoriali e recensioni, interviste/conversazioni, rassegne e note critiche. In questi casi, l’approvazione definitiva compete alla Direzione e alla Redazione che può avvalersi, ove occorra, anche di revisioni a cieco singolo da parte di esperti interni alla Redazione o al Comitato Scientifico.
b)
• L’accessibilità internazionale deve essere favorita dalla presenza nei fascicoli di abstract in lingua inglese o altra lingua rilevante per il campo di ricerca, e dalla pubblicazione almeno degli abstract e degli indici dei fascicoli su un sito web.
• Anche la trasparenza circa l’ambito di provenienza dei contributori deve esser resa possibile dalla indicazione delle affiliazioni.
• Le riviste disporranno di un comitato scientifico composto da esperti di riconosciuto prestigio nell’ambito, o negli ambiti, di ricerca cui si riferiscono le proprie pubblicazioni, reso noto anche su sito web, con indicazione delle affiliazioni a università o enti di ricerca.
• Esse ospiteranno anche contributi in lingua straniera e contributi di autori stranieri o operanti stabilmente all’estero.
§ 3. Lo standard di qualità, che gli strumenti e le regole di cui sopra mirano a conseguire, intende superare ogni classificazione e non contempla alcuna ipotesi di distinzione per classi o fasce di scientificità. Il maggiore o minore prestigio di una rivista è un fattore certamente inevitabile della ricerca scientifica, che deve tuttavia essere lasciato alle libere, mutevoli e non standardizzabili dinamiche delle comunità scientifiche.
La precisazione è d’obbligo in Italia, dove la valutazione della ricerca, affidata dalla normativa vigente all’ANVUR, ha investito in modo diretto, tramite gli strumenti con cui si è scelto di attuarla, l’ambito operativo delle riviste “scientifiche” . Lo strumento che si è privilegiato per i cosiddetti settori “non bibliometrici” è quello di un rating che istituisse una lista di riviste di “classe A”, considerate di elevato standard qualitativo. Sebbene rivolta a riviste provenienti da ogni paese, questa classificazione non gode di alcun riconoscimento presso la comunità scientifica internazionale, ha validità solo per la legislazione italiana e obbedisce sostanzialmente a finalità interne all’economia della ricerca universitaria.
Data la diversa natura delle finalità che ispirano l’accordo di cui al presente documento, va da sé che lo strumento del quale si è detto non può qui essere preso in considerazione. Le riviste firmatarie nutrono la ferma convinzione che sia diritto di ogni cittadino disporre di valide istituzioni scientifiche e di strumenti di selezione effettivamente oggettivi e trasparenti. Sono inoltre convinte che tale diritto vada riconosciuto e tutelato al livello istituzionale e che sia a tale scopo possibile, oltre che doveroso, individuare metodologie di valutazione adeguate anche in ambito umanistico, utilizzando il riferimento a strumenti e procedure come quelli di cui al precedente § 2. L’indicazione di un doppio standard di “scientificità” non sembra tuttavia aver riferimento a questi obbiettivi ed è scarsamente compatibile con la salvaguardia delle specificità di cui al § 1. La fissazione di una lista di riviste di “elevato” standard qualitativo può solo condurre, infatti, a una valutazione meccanica che prescinda dai contenuti progettuali e dal valore intrinseco delle pubblicazioni, con il risultato di trasferire anzi su queste ultime il rating del contenitore. Favorisce inoltre una maggiore “settorializzazione” delle pratiche di pubblicazione, che scoraggia forme di ricerca interdisciplinare, dato che la classificazione è stata riferita a singole aree o settori disciplinari. È anche tendenzialmente lesiva della ricchezza e della pluralità del panorama culturale, e delle corrette condizioni del mercato editoriale, determinando di fatto un pregiudizio notevole a danno delle riviste non incluse nella classe A che, trovandosi fatalmente svantaggiate nelle scelte degli autori, vedranno messa a rischio anche la capacità di mantenere un adeguato standard di scientificità e di conservare l’interesse dei lettori. Favorisce inoltre il diffondersi di un comportamento adattativo e conformista da parte dei giovani ricercatori.
Per queste ragioni, le riviste firmatarie intendono farsi promotrici di un più vasto dibattito in seno alla comunità scientifica nazionale, che coinvolga le Riviste operanti nei diversi ambiti dei saperi umanistici, le Case Editrici, le Consulte, le Società scientifiche, il Consiglio Universitario Nazionale e gli studiosi impegnati a operare sul tema della valutazione nelle aree umanistiche all’interno o per conto dell’ANVUR, volto a sollecitare e a favorire anche in sede istituzionale un rapido superamento dello strumento di cui si è detto.
§ 4. In vista dell’avvio di un’ampia riflessione in questo senso, appare intanto della massima urgenza una revisione dei criteri più recentemente introdotti nel “Regolamento per la classificazione delle riviste nelle aree non bibliometriche” emanato dall’ ANVUR in applicazione del DM 120/7-6-2016 e del suo allegato D, che lega prevalentemente all’esercizio della VQR la classificazione delle riviste edite in Italia. Il dibattito già in corso a riguardo nella comunità scientifica italiana ha messo in luce il carattere distorsivo e privo di qualunque apprezzabile valore indicativo di una simile connessione, che sembra maggiormente esaltare alcune delle criticità prima rilevate.
Qui ci si limita alle seguenti considerazioni:
1. La presentazione o meno di contributi alla VQR, da parte degli autori italiani, è soggetta a troppe variabili casuali o estrinseche per essere considerato un indicatore anche solo approssimativo di qualche affidabilità.
2. Si crea nel sistema della valutazione un circolo tutt’altro che virtuoso: la qualità della sede di pubblicazione è uno degli elementi di cui tener conto nella valutazione del prodotto mentre, per altro verso, la qualità attribuita al prodotto determina la valutazione della sede.
3. Legare la valutazione/classificazione della rivista ai prodotti presentati alla VQR esclude dal focus della valutazione i contributi degli studiosi stranieri, degli studiosi non strutturati o non più strutturati, in palese contraddizione con l’attenzione al respiro internazionale che in altre parti del regolamento viene sottolineata.
4. Non si comprende perché mai la valutazione svolta dagli addetti alla VQR, che conoscono gli autori del contributo, effettuata a cieco singolo, debba considerarsi più affidabile, per il fatto di essere prodotta istituzionalmente dall’Agenzia, di quella effettuata in doppio cieco dai referee che avevano promosso la pubblicazione del contributo.
L’aspetto focalizzato in quest’ultimo rilievo è degno di particolare attenzione. Esso concorre a conferire al rating delle riviste, comunque messo in opera dall’ Agenzia, i tratti inquietanti di un intervento esercitato dall’alto e da parte di una istituzione di nomina governativa su libere dinamiche culturali, protette dall’art. 33 della Costituzione.
§ 5. Con riferimento alle considerazioni critiche svolte nei precedenti paragrafi va sottolineato quale elemento importante, che fa sperare nell’apertura nel nostro paese di un dibattito proficuo in ambito non solo culturale e scientifico ma anche istituzionale, il fatto che lo stesso DM 120/7-6-2016, all’art. 9, preveda una “verifica dell’adeguatezza e congruità dei criteri, dei parametri e degli indicatori” adottati, da svolgersi dopo il primo biennio. All’opportunità di una simile verifica ha di recente fatto espresso riferimento l’ex Ministro pro tempore Valeria Fedeli nell’ Atto d’indirizzo n. 39 del 14/5/2018 (parte I, a). E’ inoltre doveroso rilevare la volontà di confronto e la viva opera di riflessione oggi in atto su questi temi nella stessa Agenzia. Anche dal punto di vista politico e normativo sono dunque maturi i tempi per una revisione di quanto finora attuato in sede istituzionale.
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IL DOCUMENTO È APERTO ALLA SOTTOSCRIZIONE DI ALTRE RIVISTE CHE LO CONDIVIDANO.
TRA SETTEMBRE E OTTOBRE AVRÀ LUOGO UNA RIUNIONE DEL COORDINAMENTO APERTA ALLA PARTECIPAZIONE DI TUTTELE RIVISTE FILOSOFICHE.
Per adesioni o informazioni scrivere a: coordinamentoriviste@gmail.com