Traccia tematica
Il tema della decostruzione, al centro del dibattito filosofico internazionale negli ultimi decenni del secolo scorso, non gode oggi di eguale fortuna, probabilmente per via di un mutato clima culturale e lato sensu politico. Anche in Francia, malgrado gli indiscutibili successi del metodo decostruttivo nell’ambito della critica del dominio, degli studi sulla differenza di genere, della critica letteraria e della produzione artistica, di Derrida si parla sempre meno. Un recente volume miscellaneo provocatoriamente intitolato Qui a peur de la deconstruction?* prova a interrogarsi su un simile mutamento e nel contempo a rilanciare il tema a tutto campo .
La scelta di intestare a Metafisica e decostruzione il XIII Incontro del Giornale di Metafisica intende far propria questa provocazione, rimodulandone i termini in vista di un approfondimento dell’indagine sullo stato dell’arte nel campo della ricerca metafisica, già avviata nei due “Incontri” immediatamente precedenti (Fenomenologia e metafisica – Bologna 2022 e Dalla critica la metafisica alla metafisica critica? – Varese 2021).
Si trattava già allora di chiedersi se e fino a che punto la grande vertenza critica aperta nei confronti della metafisica e della sua tradizione da parte del pensiero del Novecento – abbia contribuito ad alimentare una spinta autocritica da parte della metafisica stessa, rilanciandone per questa via, con rinnovata fecondità, i percorsi di ricerca.
Assumere questa volta come specifica sponda di riferimento i variegati percorsi delle filosofie della decostruzione comporta però un duplice ordine di difficoltà: da un lato, l’indisponibilità di un concetto univoco di ‘decostruzione’ di cui avvalersi, data anche la conclamata illegittimità del tentativo di perseguire un tale concetto; dall’altro, il rischio di riprodurre nella sostanza lo stesso tracciato critico disegnato attorno alla metafisica dalle letture “decostruzioniste ” di Derrida e, ancor prima, di Heidegger.
Quanto al primo aspetto, serve una riflessione che coinvolga, accanto al nome di Derrida e degli autori che al suo insegnamento espressamente si richiamano, anche quello dei maggiori interlocutori del suo percorso di pensiero (Heidegger e Levinas in testa) e che sia mirata non solo sulla teoria ma anche sulla pratica della decostruzione. Occorre aver chiaro che abbiamo da fare essenzialmente con un metodo di lettura o di ‘rilettura’ dei testi classici della tradizione filosofica, volto non già a smantellarne o a “distruggerne” i contenuti teorici ma a raggiugerli da una prospettiva che aspira a essere più fedele alla loro tessitura germinale perché in grado di aggirare le stratificazioni concettuali sotto il cui fardello ci sono tramandati. A questo fine, la mira della decostruzione tende a situarsi sull’asse delle opposizioni da cui le parole di una filosofia prendono vita e a cui danno vita, a interrogare l’opposizione stessa prima di prendere partito rispetto ai suoi termini, valorizzando il non detto, le pause di articolazione, gli spazi non visibili di discontinuità e di cesura del discorso. Per questo – perché mira non già alla confutazione ma a un’intesa più libera e spregiudicata con l’interlocutore –, anche l’idea di de-costruzione, si porta dentro (come già l’Ab–bau heideggeriano) una sua spaziatura, una sorta di ‘contraccolpo’ costitutivo che tuttavia non si lascia tradurre in positivo nella forma di una nuova modalità di ri-costruzione. Il suo ostinato rifiuto di lasciarsi raccogliere e risolvere in un concetto acquista un peculiare carattere provocatorio: per un verso suona come una sfida dichiarata al ‘concetto’, nell’assetto che ci proviene, almeno, dalla tradizione della metafisica; ma, per altro verso, questa stessa sfida potrebbe forse rimodularsi, nell’ascolto degli studiosi di metafisica, in direzione di un concetto che rimane da ricercare un po’ al modo in cui siamo tratti talvolta a pensare ancora aristotelicamente la metafisica come episteme zetoumene.
Quanto al secondo aspetto va rilevato che il metodo decostruttivo nasce già di suo ‘tarato’ sui concetti e sulla tradizione della metafisica con l’effetto non certo di disconoscerne ma di metterne a nudo e di valorizzarne a fondo l’interna carica autocritica, sia pure in vista di un esito del tutto aperto e problematico o addirittura aporetico. Non è forse vero che nell’impresa di portare allo scoperto la costituzione ontoteologica della metafisica la lettura heideggeriana di autori come Aristotele, Kant o Hegel punta ad avvalersi in modo specifico del loro apporto di pensiero, con l’effetto di lasciare emergere un tratto ‘decostruttivo’ della loro stessa ricerca? E che dire del lavoro di Derrida che compie, per esempio, su Platone un’operazione analoga in modo ancora più esplicito e programmatico? Già in questi termini la decostruzione della metafisica sembra lasciarsi leggere nel duplice senso, non solo oggettivo ma anche soggettivo, del genitivo.
Stando così le cose c’è da chiedersi a quali condizioni il confronto e il dialogo fra metafisica e decostruzione possono ancora rivelarsi fecondi di una nuova progettualità e suscettibili di aprire nuove prospettive di approfondimento in merito al ‘passaggio teorico’ dalla critica della metafisica alla metafisica critica.
A riguardo, senza volere con questo precostituire lo sviluppo della discussione di Alghero, proviamo qui a suggerire alcune possibili piste di approfondimento:
È possibile individuare negli sviluppi attuali della ricerca nel campo della metafisica tratti significativi, se non di una metafisica della decostruzione, di un pensiero effettivamente sensibile all’esperienza del metodo decostruttivo, alle vie che la sua pratica dischiude e ai problemi che comporta?
A riguardo può essere utile portare l’attenzione sull’imponente rilancio della ricerca metafisica prodottosi negli ultimi decenni a partire dagli studi di logica a dall’analisi del linguaggio provenienti per un verso dalla tradizione dell’empirismo logico e per l’altro dall’eredità wittgensteiniana, entrambe un tempo ferocemente critiche nei confronti della ricerca metafisica e oggi termine di riferimento ineludibile di una tale ricerca. In che misura il tratto autocritico e autodecostruttivo, di cui si è detto, è presente e come opera all’interno questa nuova fioritura, che peraltro valorizza al massimo la volontà di “progresso” e l’istanza costruttiva del “metodo”, così fortemente enfatizzate all’epoca di nascita della metafisica moderna da Cartesio a Suarez?
Il terreno di gioco più appropriato alla sfida teorica fra decostruzione e metafisica resta probabilmente quello della lettura dei testi che hanno avuto un ruolo costitutivo nella formazione del pensiero metafisico e della sua tradizione. Se la sfida deve essere reciproca, c’è da chiedersi fino a che punto la messa allo scoperto del ‘tratto autocritico’ e per certi versi eversivo che si annida in radice nel loro discorso può essere lasciata alla sola responsabilità di una pratica decostruttiva (comunque esercitata dal versante della Destruktion heideggeiana o da quello del pensiero della differenza), quasi il tratto in oggetto non potesse rendersi visibile che grazie all’introduzione di un “mezzo di contrasto” (sia esso la domanda sul senso dell’essere o lo scarto muto della differance). Fino a che punto non è il caso viceversa di spingersi a valorizzare più a fondo, nell’opera di decostruzione della metafisica, il senso soggettivo del genitivo?
Occorre forse provarsi a interrogare i testi e gli autori abbastanza ostinatamente da indurli a rispondere dal principio e in prima persona della radice eversiva del loro discorso e a dirci in che misura il progetto di ricerca che in un tale discorso pende forma investe su questa radice le proprie aspettative di successo.
La sfida potrebbe così formularsi: è possibile intercettare un tratto radicalmente interrogativo, un tratto per così dire ‘autoironico’ – e in questo senso una specifica intenzione autocritica– nell’ habitus istitutivo del discorso metafisico? Questo tratto non sarebbe riconoscibile fin dall’epoca di Socrate e dei suoi maggiori discepoli, nel modo di rapportarsi alla stessa tradizione di pensiero antica e recente (da Parmenide a Protagora) da cui il nuovo progetto di pensiero intendeva prendere le distanze?
Perché, in breve, non mettere alla prova, sul fronte di questa sfida, la tenuta del lato “negativo e dialettico” della ragione metafisica?*I. Alfandary, A.E. Berger, J. Rogozinsky (Ed.), PUF, Paris 2023. Il volume raccoglie gli atti gli atti di un colloquio svoltosi nel 2022 a Parigi sotto la medesima intestazione.
Programma provvisorio
Venerdì 4 ottobre 2024
I sessione
Modera Franco Camera
09.00 – Introduzione: Rosaria Caldarone
09.30 – Relazione: Leonardo Samonà
10.10 – Discussione: Carmelo Meazza
10.20 – Pausa
10.40 – Relazione: Mario Vergani
11.20 – Discussione: Chiara Agnello
11.30 – Discussione generale
13.00-15.30 Pranzo
II sessione
15.30 – Relazione: Alberto Voltolini
16.10 – Discussione: Mario De Caro
16.20 – Pausa
16.40 – Relazione: François David Sebbah
17.20 – Discussione: Giuseppe Pintus
17.30 – Discussione generale
Sabato 5 ottobre 2024
III sessione
Modera Paolo Vodret
09.00 – Relazione: Catherine Malabou (on line)
09.40 – Discussione: Rosa Maria Lupo
09.50 – Pausa
10.10 – Discussione generale
12.40 – Conclusioni di Carmelo Meazza13.30 – Fine lavori
Informazioni logistiche
Hotel El Balear di Alghero https://m.hotelelbalear.it/?ver=it
L’hotel riserva ai partecipanti al convegno le seguenti tariffe:
– Camera Singola Standard-letto singolo 90×200-in B.B.: €. 60,00 a camera al giorno;
– Camera Doppia o Matrimoniale Standard in B.B.= €. 80,00 a camera al giorno – Dus €. 70,00 a camera al giorno;
– Camera Doppia o Matrimoniale Superior Vista Giardino in B.B. = €. 120,00 a camera al giorno- Dus €. 105,00 a camera al giorno;
– Camera Doppia o Matrimoniale Superior Vista Mare in B.B. = €. 140,00 a camera al giorno- Dus €. 120,00 a camera al giorno;
Per ottenere questi prezzi è necessario prenotare telefonando o scrivendo direttamente alla struttura e allegando il codice sconto che sarà fornito al momento dell’iscrizione .