Nota Editoriale
Nicola Russo è scomparso la mattina del 30 maggio 2024. Insegnava Filosofia teoretica all’Università Federico II di Napoli. Questo fascicolo di “Mechane”, la rivista che aveva fondato con Pierandrea Amato nel 2020, è a lui dedicato. Si tratta di una prima, breve messa a fuoco di una figura speciale come quella di Nicola. Verrà certamente il tempo di indagini più strutturate, meditate e ampie sulla natura dei suoi studi, alcuni pioneristici come quelli dedicati a Filosofia ed ecologia, sul temperamento magnetico del suo insegnamento universitario, sulla fisionomia e ambizione dell’Ipotesi ontologica, la trama speculativa – che noi lettori, proba- bilmente, dobbiamo ancora iniziare effettivamente a pensare – nella quale negli ultimi anni esercitava la sua tenacia concettuale provando a elaborare unmaterialismo della cosa, scartando sia le ingerenze del logos metafisico (e anti-metafisico) sia le prerogative della dialettica che inevitabilmente la concepiscono come un ente. Tuttavia, in questo caso, l’intenzione è assai più contenuta: prendono la parola amiche, amici, maestri, allieve e allievi, chi, più in generale, con Nicola in questi anni ha lavorato, studiato, chi si è dannato con lui per le pieghe che la forma di vita universitaria, e non solo, sembra catastroficamente e definitivamente prendere. Chi, con lui, ha condiviso letture, idiosincrasie, Witze, affetti, la fatica e l’assurdo piacere di vivere.
Se tentare di decifrare il profilo umano di Nicola Russo non sarebbe compito facile, saremmo infatti chiamati ad orientarci in una miscela di intransigenza e dolcezza, di estrema radicalità del pensiero e inesausta disponibilità verso gli altri, di formidabile ironia e proverbiale riservatezza, di grande determinazione e vulnerabilità, probabilmente ancora più difficile è elaborare anche solo una prima,inevitabilmente provvisoria, immagine dello studioso. Filosofo spiccatamente inattuale, determinato dalla lezione di Nietzsche a tenere insieme filosofia e filologia, vita e malattia, i problemi della scienza contemporanea e gli anacoluti ontologici del pensiero classico, i dilemmi grammaticali del linguaggio e le vicende dell’antropologia filosofica, procedeva con un’ostinazione stupefacente attraverso continuità e svolte improvvise, in cui la mole di lavoro straordinaria di cui era capace si riversava in pagine molto di frequente ispiratissime e cristalline. Coltivava un’antica familiarità, quasi, si potrebbe dire, intimità con gli inizi del pensiero filosofico ed era proprio questa agilità, una danza quasi agonica con gli antichi, pure nella loro ripresa contemporanea, a dare al suo gesto uno stile singolare. Tutto ciò si traduceva in un corpo a corpo con la cosa da esplorare, un urto a tal punto intenso da apparire quasi anacronistico pure quando l’oggetto d’indagine aveva a che fare con l’ispezione di problemi quanto mai attuali.
Sosteneva Pier Paolo Pasolini che per dire qualcosa di una vita, per tracciare un filo, per intravedere una sua verità, bisognaattenderne la fine. Probabilmen- te, però, questa ipotesi non vale per quella che definiremmo una vita filosofica, laddove il divenire di questa esistenza tende a coincidere con il suo compimento, con un frammento di verità che a suo modo, in realtà, ogni vita possiede. Nonsarebbe, a ben vedere, esagerato riferirsi in questi termini nei confronti di Nicola, dal momento che Nicola lascia un vuoto difficilmente testimoniabile come accade quando se ne va una vita filosofica nel senso più pieno che si possa immaginare. La sua discrezione, a volte in grado di diventare quasi un principio d’invisibilità, non scoraggiava, in realtà, una partecipazione forte e determinata alle cose che riguardano la delicata impresa di vivere tutti i giorni, possedendo la capacità di lasciare tracce profonde in chi aveva l’occasione di avvicinarlo (innanzitutto, non c’è dubbio, gli studenti che frequentavano le sue lezioni). Lascia un vuoto grave, perché il suo addestramento teorico, la sua inesausta opera di carotaggio della tradizione filosofica, la sua abilità a stabilire legami concettuali imprevedibili, proprio adesso si stava ulteriormente perfezionando, lasciando presagire la continuazione del suo lavoro in una serie distudi notevoli.
Napoli, luglio 2024
Indice
Nota Editoriale
p. 7
Eugenio Mazzarella
Nicola era mio allievo
p. 9
Joaquin Mutchnick
L’arte di non voler sostare in nessun luogo
p. 11
Romolo Borrelli
Una breve lettera a Nicola Russo
p. 13
Marina Romano
La gaia scienza del sovvertimento
p. 19
Valeria Pinto
Nessuna attesa. Che cosa significa sperare
p. 25
Annamaria Pacilio
La scuola del philosophein
p. 33
Lorenzo De Stefano
Nicola Russo come educatore. Ancora su Filosofia e cultura avvenire
p. 37
Fiorella Giaculli
Un “esercizio di libertà”. Sulla filosofia come contemplazione ed elevazione
p. 43
Felice Masi
I “qualcosa” (e i cerchi quadrati) di Nicola Russo
p. 47
Eugenio Mazzarella
“Sia dunque la superficie il nostro punto di partenza: l’ente”
Logica, metafisica, ontologia in Nicola Russo
p. 53
Luigi Laino
“Questa non è una cosa”. Sull’ipotesi ontologica
p. 57
Simona Venezia
«La vita è altrove». Abitare l’altrove
p. 65
Pierandrea Amato
La prossimità della distanza
p. 71